I corsivi di Francesco Griffo
Questo articolo riprende per sommi capi le tesi esposte in Luigi Balsamo e Alberto Tinto, Origini del corsivo nella tipografia italiana del Cinquecento (Milano, 1967) riguardo altri caratteri corsivi che potrebbero essere stati opera sua.
Per approfondire queste informazioni Griffo, la grande festa della lettere promuove una ricerca in collaborazione con gli studenti dell’ISIA Urbino guidati da Luciano Perondi, e con la consulenza di Riccardo Olocco. A questo scopo è stata stilata una lista analitica di tutti i corsivi da prendere in esame, completa di informazioni bibliografiche e collocazioni, ne pubblichiamo una sintesi a fine articolo. Non appena disponibili, pubblicheremo su questo sito i risultati.
Pochi anni dopo aver inciso i caratteri greci e romani per Aldo Manuzio, Francesco Griffo fu il primo a incidere, sempre per Manuzio, un intero alfabeto riprendendo i tratti della cancelleresca corsiva, scrittura a mano veloce, leggermente compressa e inclinata a destra, diffusa fra gli umanisti e nelle cancellerie, dal 1455 magnificamente interpretata e perfezionata dal padovano Bartolomeo Sanvito (1433–1511), uno dei più ricercati e influenti scribi del Rinascimento.
Con tutta probabilità fu proprio Sanvito a offrire a Manuzio sia un modello raffinato e coerente di corsivo a mano sia lo spunto per la sua collana di testi classici in formato ridotto. Sembra confermarlo lo stesso Aldo nella prefazione al Virgilio del 1514, dedicata a Pietro Bembo e qui tradotta dal latino:
“[…] la forma tascabile di questo volumetto è stata da noi ricavata dalla tua biblioteca, o meglio, del tuo amabilissimo genitore Bernardo: il quale […], da me richiesto, ha messo immediatamente a mia disposizione alcuni libretti in questo medesimo formato”.
Tra i “libretti” di Bernardo Bembo prestati a Manuzio pare ci siano stati dei “codicetti stretti e tascabili”, come per esempio l’Opera di Orazio o il De Officiis di Cicerone copiati da Sanvito per Bernardo nel 1485 e 1497.
Manuzio e Griffo
Proprio nel Virgilio del 1501, il primo volume ‘tascabile’ composto in caratteri corsivi pubblicato da Manuzio, appare l’epigramma intitolato “In grammatoglyptae laudem” (elogio dell’incisore). Qui, nel riconoscere l’abilità di Griffo nell’incidere i caratteri, l’editore-stampatore di fatto rivendica a sé il merito della loro paternità:
Qui graiis dedit Aldus, en latinis
Dat nunc grammata scalpta daedaleis
Francisci manibus Bononiensis.
Aldo, che diede ai Greci, ecco che ora
dà ai Latini caratteri incisi dalle mani
dedaliche di Francesco da Bologna.
Il corsivo fu dunque introdotto nella stampa agli inizi del XVI secolo e nel giro di un solo decennio circa seppe farsi posto accanto agli altri caratteri tipografici. Chiamato oggi in tutto il mondo italic in onore del paese in cui è nato, il debutto e il successo del corsivo tipografico sono legati strettamente a quella collana di libelli portatiles in formam Enchiridii (come li definì il suo creatore), la cui forma compatta – era la prima collana di tascabili al mondo – consentì a Manuzio e al suo pubblico di moltiplicare le occasioni d’uso del libro. L’avvento di questi classici in ottavo, privi di commento e con testi composti nel corsivo di Francesco Griffo, segnò una tappa fondamentale nella storia dell’editoria.
Cosciente dell’importanza delle sue innovazioni, Manuzio chiese al governo di Venezia di tutelarle. Il 23 marzo 1501 il Senato della Serenissima gli concesse un privilegio decennale sull’uso esclusivo dei caratteri corsivi (e anche l’esclusiva su alcuni poeti latini cristiani come Sedulio, Iuvenco, Aratore e altri). In questo modo Griffo veniva privato della possibilità di incidere caratteri analoghi per editori e stampatori soggetti alla giurisdizione della repubblica veneta. Probabilmente l’incisore bolognese lasciò Venezia l’inverno stesso di quell’anno.
In società con Soncino e Stagnino
Griffo si trasferì a Fano, nei territori allora amministrati da Cesare Borgia. Lo prova un documento presso l’Archivio di Stato di Fano dal quale si ricava che nel 1503 Griffo era in società per la vendita di libri con due stampatori, Girolamo Soncino – allontanatosi da Venezia già nel 1501, forse in conflitto con Aldo – e Bernardino Giolito de Ferrari, detto Stagnino, operante nella città lagunare.
Soncino fino ad allora s’era limitato ai testi ebraici dando un grosso contributo alla loro diffusione, ma con la collaborazione di Griffo cercò di estendere il suo catalogo ai testi latini e italiani. Per lui l’incisore bolognese realizzò quindi un secondo corsivo di circa 12 punti, leggermente più grande di quello inciso per Manuzio e con meno legature.
Il nuovo corsivo viene impiegato da Soncino per la prima volta nel 1503 per stampare le Opere volgari del Petrarca. Nella sua dedica a Cesare Borgia, attribuisce la paternità di tutti i caratteri usati da Aldo Manuzio a Griffo, sottolineando che è stato lui e non altri il primo a inventare e disegnare la “littera dicta cursiva, o vero cancellaresca”.
I corsivi dello Stagnino
Non sono al momento disponibili informazioni su cosa Griffo abbia fatto negli anni seguenti la sua accertata permanenza a Fano. Tra il 1511 e il 1513 lavorò per Ottaviano Petrucci di Fossombrone, a quel tempo impegnato a realizzare una sontuosa stampa del trattato astronomico Paulina de recta Paschae celebratione (il carattere romano in cui è composto il trattato, pubblicato nel 1513, è attribuito a Griffo da Giovanni Mardersteig e altri), e probabilmente risiedette a Perugia nel corso del 1512. È documentato presso l’Archivio notarile della città umbra che proprio in quell’anno ricevette la somma di 20 ducati da parte di un debitore di Bernardino Stagnino.
Di fatto, nel novembre 1512 Stagnino stampò Opere del diuino poeta Danthe utilizzando due corsivi: uno di circa 12 punti per il testo e uno di corpo più piccolo per il commento. Secondo lo storico Luigi Balsamo (Luigi Balsamo e Alberto Tinto, Origini del corsivo nella tipografia italiana del Cinquecento, Milano, 1967, p. 45) quello impiegato per il testo del Dante altro non è che il corsivo inciso da Griffo nel 1503; Stagnino lo impiegherà in altre edizioni, come l’Officium B.V. stampato stesso anno o le Rime del Petrarca del maggio 1513.
Il corsivo usato per il commento misura invece circa 9 punti e potrebbe essere il più piccolo prodotto fino a quel momento da Griffo. In esso si notano forme diverse. Per esempio c’è una nuova ‘d’ in stile onciale, con l’asta orizzontale anziché verticale.
«Lo Stagnino, a sua volta, adotta l’impaginazione tradizionale dei codici – mai usata dal Manuzio [che per scelta editoriale si rifiuta di pubblicare opere commentate, n.d.r.] – in cui il testo è circondato dal commento su uno o due o tre lati. Questo, certo, è il motivo che ha richiesto il sensibile rimpicciolimento del carattere, che sostanzialmente rimane uguale nel disegno a quello di Fano.» [Balsamo e Tinto, p.48]
Sempre secondo Balsamo, i caratteri corsivi venduti allo Stagnino (che li userà anche per il suo Petrarca del 1519 e il Dante del 1520) vengono impiegati in quegli anni in alcune edizioni di Giovanni da Cerreto, detto Tacuino, tipografo a Venezia tra l’ultimo decennio del XV secolo e la prima metà del XVI (per esempio nel Grammaticae institutiones di Bolzanio dell’agosto 1512, dove il corsivo compare nella dedica). I corsivi dello Stagnino risulterebbero usati anche in due volumi dello stesso formato stampati da Gregorio de Gregori: il Decameron del Boccaccio del 1516 e le Rime del Petrarca, del 1519. Da notare che Gregorio, operante a Venezia dal 1483 al 1528, risulta presente a Fano nel 1514 per realizzare la prima stampa in caratteri arabi. Secondo Giorgio Montecchi potrebbe esser stato lo stesso Griffo a disegnare e realizzare i punzoni impiegati.
I corsivi di Filippo Giunta e il secondo corsivo di Fano
A poca distanza di tempo, un altro importante stampatore rinnova il suo corsivo e adotta un carattere simile a quello di Griffo. È il fiorentino Filippo Giunta, il primo in Italia a dotarsi di un corsivo modellato su quello di Aldo ad appena due anni dall’apparizione del Virgilio del 1501.
Nel 1513 Giunta comincia dunque a stampare con un nuovo corsivo la cui “sicurezza e precisione del disegno fanno pensare alla mano esperta del Griffo” [Balsamo e Tinto, p. 50]. Il nuovo carattere ha una buona spaziatura e un ritmo piacevole ma piuttosto compatto. Le sue numerose legature ricordano quelle del corsivo aldino, e il corpo è un po’ più piccolo, circa 11 punti.
Ai Giunta questo carattere piacque, tant’è vero che lo usarono nei formati in ottavo fino al 1533 (come Gli Asolani di Pietro Bembo, 1515; e diverse opere del Boccaccio: Il Corbaccio 1516, Fiammetta 1517 e 1533, Ninfale Fiesolano 1521 e 1529, Labirinto d’amore 1525). In seguito, a partire dal 1538, lo si trova a Venezia nelle edizioni di Tommaso e Gian Maria Giunta, eredi del fratello di Filippo, Lucantonio. Pochi anni dopo, nel 1515 e 1516, Soncino stampò a Fano sei volumi, fra i quali il Pyndarus, De bello troiano, 1515, e il Donati libellus di M. Bonfini, 1516. Questi libri, secondo Balsamo, mostrerebbero un corsivo che si discosta da quello del 1503.
Lo stesso carattere appare nei volumi pubblicati dai Giunta a Firenze, ma con una differenza importante: il ritorno di numerose legature (vedi Boccaccio, Decamerone, 1516; Niccolò Angelio, De re rustica, 1521).
«I filetti delle legature sono più sottili delle aste delle lettere, come nel corsivo precedente (del 1513), il disegno però è quello del secondo tipo di Fano: così questo carattere viene a riunire le caratteristiche salienti degli ultimi due tipi, ne costituisce la sintesi.» [Balsamo e Tinto, p. 52]
Questi due corsivi appaiono anche in altre edizioni. Quello in uso al Soncino compare in Regole grammaticali della volgar lingua di Francesco Fortunio stampato nel 1516 ad Ancona da Bernardino Guerralda (che per Soncino aveva stampato, senza impiegare corsivi, alcuni volumi nel 1513, 1514 e 1516). L’altro corsivo – quello con legature, in uso ai Giunta – compare nel De Re Militaria di Antonio Cornazzano e nell’Homerus, De murum felisque bello comoedia, entrambi stampati a Ortona a Mare nel 1518 dallo stesso Soncino.
Il ritorno a Bologna
Nel 1516 (Manuzio era morto l’anno prima) Griffo tornò a Bologna per avviare la sua attività di stampatore ed editore in proprio. In autunno stampò il Canzoniere di Petrarca, il primo di una serie di libri di un formato assai ridotto (45 x 97 mm con uno specchio di stampa di 40 x 89 mm). Fra le righe della sua premessa traspare il profondo rammarico per aver conosciuto troppo tardi la via del successo, che invece ha arriso a Manuzio:
“Havendo pria li greci e latini carattheri ad Aldo Manutio R. Fabricato, de li quali Egli non solo in grandissime ricchezze e pervenuto, ma nome immortale appresso la posterità se uendicato Ho excogitato di novo cotal corsiva forma qual extimo a qualunche rudita persona essere per piacere…”.
«Per stampare il Canzoniere e i pochi titoli che lo seguiranno, Griffo incise un nuovo corsivo di circa 6 punti, che, secondo Balsamo, è una versione rimpicciolita di quello usato dal Giunta nel 1516, cioè il secondo tipo di Fano con l’aggiunta di legature.»
«[…] il volumetto, stretto e allungato, si presenta simile a una agenda tascabile. I margini sono ridotti a ben poca cosa, ovviamente: il carattere fuso per l’occasione è di circa 6 punti […]. Il disegno è uguale al secondo di Fano [1515-1516, n.d.r.]; l’occhio è grasso, le aste assai corte, ciò nonostante le estremità di esse si sfiorano fra una riga e l’altra. La pagina è densa, le parole stipate, a volte non spaziate; ritornano anche qui le legature (legano con le vocali m, n, t, meno di frequente le g) benché le stesse lettere compaiano spesso staccate. Le maiuscole sono proporzionalmente piccole, più basse dei tratti ascendenti, ma il segno dell’et è alquanto sproporzionato, supera in alto le lettere corte. L’esiguità dello specchio di stampa comporta una forte compressione della forma e irregolarità nell’allineamento.»[Balsamo e Tinto, pp. 56-57]
Stando ai documenti notarili padovani (dai quali risulta essere orafo e incisore di punzoni già nel 1475) è presumibile che Griffo nel 1516 avesse all’incirca settant’anni e la sua vista non fosse più sufficiente per incidere caratteri così piccoli. E infatti la pagina del Canzoniere e degli altri titoli pubblicati da Griffo pare piuttosto carente quanto a leggibilità e chiarezza, anche se risulta comunque meno affaticante e alquanto più chiara che nelle edizioni dello stesso formato stampate in corsivo da Paganini a Venezia un anno prima.
Sempre nel 1516, Griffo stampò L’Archadia di Sannazaro, Gli Asolani del Bembo, Il labirinto d’amore di Boccaccio e le Epistolae familiares di Cicerone, tutti dello stesso formato e composti in corsivo. La sottoserie latina fu proseguita dai Dictorum et factorum memorabilium di Valerio Massimo (24 gennaio 1517), ultimo titolo della sua breve impresa da editore.
«L’impresa, c’è da credere, non trovò favore in misura sufficiente a sostenere lo sforzo dell’editore, nonostante che quei volumetti rappresentassero una novità per Bologna, sia per il formato così ridotto che per i caratteri corsivi mai prima d’allora impiegati dalle locali tipografie (il corsivo, anzi, non riapparirà in edizioni bolognesi fino al 1531). È chiaro che un successo di vendita gli avrebbe fatto continuare il programma per cui aveva tanto atteso e lavorato.» [Balsamo e Tinto, p. 57]
BIBLIOGRAFIA
Luigi Balsamo e Alberto Tinto, Origini del corsivo nella tipografia italiana del Cinquecento, Milano 1967, pp. 13-60.
Aldo Manuzio Editore. Dediche, prefazioni, note ai testi, introduzione di Carlo Dionisotti, testo latino con traduzione e note a cura di Giovanni Orlandi, Milano 1975.
Giovanni Mardersteig, ‘Aldo Manuzio e i caratteri di Francesco Griffo da Bologna’ [1964], in Scritti di Giovanni Mardersteig sulla storia dei caratteri e della tipografia, Milano, 1988, pp. 117-120.
Nicholas Barker, ‘The Aldine Italic’ in Aldus Manutius and Renaissance Culture, Firenze 1998.
Harry Carter, A view of early typography up to about 1600, Hyphen Press (seconda edizione), Londra 2002.
Giorgio Montecchi, “Analisi bibliologiche sulla prima stampa in lingua araba: Horologium, Fano, Gregorio de Gregori, 1514”, in Le mille e una cultura. Scrittura e libri fra Oriente e Occidente, a cura di Maria Cristina Misiti, Bari, Edipuglia, 2007, pp. 67-86.
Riccardo Olocco, I romani di Francesco Griffo in «Bibliologia» n. 7, Pisa – Roma 2012, pp. 33-56
Aldo Manuzio. Il rinascimento di Venezia, catalogo Marsilio Editori, Venezia 2016, Laura Nuvoloni, pp. 234-235, 326-329.
CORSIVI OGGETTO DELLA RICERCA
CORSIVO 1 (11 pt / 20 righe = 79 mm) – Corsivo di Aldo, 1501
Aldo Manuzio
1.1 – Virgilio, Venezia 1501
1.2 – Martialis, Venezia 1501
1.3 – Giovenale, Persio. Venezia 1501
1.4 – Catullus,Tribullus. Propertius. Venezia 1502
CORSIVO 2 (12 pt / 86 mm) – 1° corsivo di Fano, 1503
Girolamo Soncino
2.1 – Opere volgari di Messer Francesco Petrarca, Fano 1503.
CORSIVO 3 (9.5 pt / 67 mm) – Corsivo per commento, 1512
Bernardino Stagnino
3.1 – Opere del diuino poeta Danthe con suoi comenti: recorrecti et con ogne diligentia nouamente in littera cursiua impresse S. Bernardini, Venezia 1512.
Gregorio De Gregori
3.2 – Boccaccio, Decameron, Venezia 1516
3.3 – Petrarca, Rime, 1519
CORSIVO 4 (11 pt / 79 mm) – Nuovo corsivo per Giunta, 1513
Filippo Giunta
4.1 – Bembo, Asolani, Firenze 1515
4.2 – Boccaccio, Corbaccio, Firenze 1516
4.3 – Boccaccio, Fiammetta, Firenze 1517 e 1533
4.4 – Boccaccio, Ninfale Fiesolano, Firenze 1521
CORSIVO 5 (12 pt / 83 mm) – 2° corsivo di Fano, 1515
Girolamo Soncino
5.1 – Pindaro, De bello Troiano, Fano 1515
5.2 – Bonfini, Donati libellus, Fano 1516
Filippo Giunta
5.3 – Boccaccio, Decamerone, Firenze 1516
5.4 – Niccolò Angelio, De rustica, Firenze 1521
Bernadino Guerralda
5.3 – Francesco Fortunio, Regole grammaticali della volgar lingua. Ancona 1516
CORSIVO 6 (7 pt / 50 mm) – Corsivo bolognese, 1516
Francesco Griffo
6.1 – Petrarca, Canzoniere ed triomphi di messer Francesco Petrarca, Bologna settembre 1516.
6.2 – Pietro Bembo, Asolani del Bembo, Bologna ottobre 1516
6.3 – Boccaccio, Labirinto d’amore, Bologna dicembre 1516
6.4 – Sannazaro (Jacobus) Archadia del Sannazaro, Bologna 16 ottobre 1516